La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva la proposta di legge sulla responsabilità civile dei magistrati con 265 sì, 51 no e 63 astenuti. “E’ un passaggio storico, la nuova legge comporterà più tutele ai cittadini, più forza all’autorevolezza e all’autonomia della magistratura”, è stato il commento del Ministro della Giustizia Andrea Orlano subito dopo la votazione.

Sono tre le novità che sostanzialmente vengono introdotte con la nuova legge: viene limitata la clausola di salvaguardia che fino ad oggi escludeva dal perimetro della responsabilità civile l’attività di interpretazione delle norme di diritto e di valutazione del fatto o delle prove, viene ridefinita la colpa grave e viene eliminato il filtro per l’ammissibilità del risarcimento.

Per quanto concerne la ridefinizione della colpa grave, con la legge Vassalli che finora regolava la responsabilità dei giudici, poteva agire contro lo Stato solo chi aveva subito gravi danni derivanti dalla privazione della libertà personale. Ora viene incluso anche il travisamento del fatto o delle prove ma cambiano anche i tempi a disposizione del cittadino per la richiesta di risarcimento: la legge Buemi aumenta infatti da due a tre anni i termini previsti per la presentazione della domanda. In caso di condanna dello Stato, spetterà al Capo del Governo la titolarità dell’azione di rivalsa verso il magistrato che sarà obbligatoria e dovrà essere esercitata entro due anni dal momento in cui è stato liquidato il risarcimento. Infine, l’indennizzo non potrà superare una somma pari alla metà di un’annualità di stipendio del magistrato mentre fino ad oggi il tetto era un terzo. L’esecuzione della rivalsa comporterà un pagamento per rate mensili in misura non superiore ad un terzo dello stipendio netto, mentre con la legge Vassalli il limite era di un quinto.

Dopo 27 anni viene modificata la legge Vassalli che era nata dai referendum sulla giustizia promossi dai radicali e dai socialisti l’8 novembre del 1987, a seguito dei quali, con l’80,2% di si, gli italiani si pronunciarono a favore dell’abrogazione del decreto del Presidente della Repubblica che limitava la responsabilità civile dei magistrati. Il risultato della consultazione popolare reintrodusse la responsabilità civile ma in realtà non rispose esattamente alle aspettative dei promotori. Il testo della legge stabiliva infatti solo una responsabilità diretta dello Stato per dolo o colpa grave dei giudici e in 27 anni di applicazione, su oltre 400 ricorsi ammessi, ha prodotto soltanto sette provvedimenti di risarcimento.

L’esigenza di superare la legge Vassalli risiedeva anche nel fatto che una sentenza della Corte di Giustizia Europea, del 24 novembre del 2011, aveva condannato l’Italia per violazione degli obblighi di adeguamento dell’ordinamento interno al principio generale di responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado. In sostanza, secondo la Corte di Giustizia Europea, l’Italia proteggeva i magistrati in modo eccessivo dalle conseguenze del loro operato. Era quindi necessario adeguare il nostro ordinamento al diritto europeo per evitare le sanzioni pecuniarie che il mancato rispetto della sentenza del 2011 avrebbe comportato.