Arturo Carlo Jemolo era cattolico ma non clericale; difensore dei diritti dello Stato, nei suoi rapporti con la Chiesa cattolica, ma non anticlericale; liberale e cattolico; oppositore di talune scelte del partito radicale, ma rispettato e apprezzato dai radicali; convinto anticoncordatario, ma partecipe dei lavori per le trattative della revisione concordataria; fermo sostenitore del valore essenziale del senso dello Stato, ma impegnato nella difesa del sentimento religioso e delle garanzie delle istituzioni religiose. Fermissimi e ripetuti furono i suoi no all’intolleranza, al giurisdizionalismo, al concordato, al venir meno dei valori cristiani e i suoi sì alla separazione tra Stato e Chiesa cattolica, alla scuola pubblica, al divorzio; mai democristiano, ma neppure comunista; “bastian contrario”, “piccolo borghese” e “malpensante”.

Più di trent’anni dopo la sua morte, tenendo conto delle tante novità che hanno caratterizzato l’evoluzione della società italiana, molti sono ancora i motivi che inducono a continuare ad ascoltare la sua voce per una valutazione dei problemi civili, politici, giuridici e religiosi dell’Italia odierna, forse ancora più tormentata di quella di allora.

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